Alcuni spunti di riflessione attraverso le domande poste a Dacia Maraini da “La Cipolla Gagliarda” e Sandra Landi, scrittrice e saggista fiorentina, in relazione alla sua intervista del 16 marzo sul Corriere della Sera:
Abbiamo letto il suo articolo sul Corriere della sera e ci è sembrato molto interessante lo sdoppiamento (Conrad) come visione di un dialogo con se stessi non sempre puliti, onesti e limpidi, come superficialmente, in condizioni di normalità, ci può sembrare. Dal momento del lockdown quanto di noi abbiamo potuto vedere di ignoto, di oscuro, di sconosciuto?
Dacia Maraini: “Siamo tutti colpevoli di fronte alla cura dell’ambiente, anche se non siamo direttamente implicati, perché abbiamo accettato il sistema senza discutere e protestare. Siamo colpevoli di complicità nella distruzione dell’ambiente che si sta compiendo sotto i nostri occhi ciechi: abbiamo lasciato che si riempissero di cemento le campagne, abbiamo permesso che si estinguessero tante specie preziose con l’uso dissennato dei pesticidi, abbiamo fatto riempire il mare di plastica, avvelenato le acque dei fiumi, creato quei campi di tortura e di sterminio che sono gli allevamenti intensivi. Spero proprio che ci sia un ripensamento. Non siamo i proprietari assoluti della terra e non abbiamo il diritto di distruggere l’ecosistema ai nostri figlie nipoti”.
Purtroppo questo lato viene fuori se è compresso, infatti in questa situazione di forzata permanenza nelle nostre case, le situazioni di violenza si moltiplicano. Abbiamo notizie della drammaticità in cui versano le case di accoglienza per donne che subiscono violenza e vorremmo attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo problema. Può aiutarci con le sue considerazioni o proposte?
Dacia Maraini: “Tutto questo è una delle conseguenze della forzata segregazione. Ma siccome i rifugi per le donne maltrattate e minacciate continuano il loro lavoro, bisogna convincere le donne che vivono sotto minaccia a denunciare , anche se è difficile, ma sarà ancora più difficile continuare a stare vicino a chi le tiene sotto ricatto. La cronaca ci dice che spesso queste minacce sconfinano in vere e proprie mattanze”.
In quale chiave, nel perdono, nella comprensione, nell’accettazione o meglio nel dialogo con l’estraneo che ci abita, vede Lei una risorsa per l’arte per la cultura e per il nostro spirito in questo momento? Dove può portare questo dialogo con l’altra parte di noi, con quel marinaio assassino che tanto ci somiglia?
Dacia Maraini: “E’ sempre bene riconoscere il male che c’è in noi, anche quando ci sentiamo innocenti. Come ho detto prima, anche se innocenti, siamo in qualche modo complici di una situazione in cui si uccidono le donne e si uccide l’ambiente. Bisogna cominciare col dialogo con se stessi per potere poi parlare con gli altri e trovare dei rimedi razionali ed efficaci”.
La civiltà presuppone uno scambio espressivo continuo, si conserva e si moltiplica nel rapporto con gli altri, nell’isolamento rischia di morire nei suoi principi fondamentali, proprio come succede in guerra. Al ritorno alla normalità (quando e come avverrà) ci dobbiamo aspettare una civiltà impoverita?
Dacia Maraini: “Voglio essere ottimista. Voglio pensare che questa reclusione forzata ci aiuterà a riflettere e a capire che dobbiamo cambiare ritmo e passo. Sono bastati pochi giorni di fermo del traffico per vedere l’aria delle città ripulirsi delle polvere sottili e del rumore infernale che le abbrutisce. Forse questo ci aiuterà a usare meno le auto private e molti lavori potranno essere fatti da casa, come si sta facendo ora. Non dico tutti i lavori, ma una parte senz’altro”.
Sandra Landi: Ho spesso giudicato intollerabile l’eccessivo egocentrismo di questa società, in cui ognuno pensa e parla senza ascoltare gli altri, il progressivo rinchiudersi in un monadismo difensivo che vede l’altro come un nemico da cui difendersi. Temo che questa situazione di isolamento accentui tutto ciò, soprattutto perché penso che ogni persona si realizzi a pieno in un rapporto costruttivo con l’altro e che il solipsismo non sia positivo nemmeno per il poeta. Quale il tuo pensiero?
Dacia Maraini: “Penso anch’io che questo sia un paese che non si ama. Tutti si impancano a criticare e dire la propria senza mai ascoltare gli altri. Se potessero, ciascuno farebbe il suo proprio partito di cui eleggerebbe il capo. Un individualismo che frammenta e distrugge. Se questo virus ci farà capire quanto sia importante unirsi, solidarizzare e agire in armonia forse potremo dire che abbiamo imparato qualcosa e che dopo staremo meglio di prima”.