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#iononvoglioperderel’intuizione

Scorro a ritroso gli eventi della mia vita. Mi accorgo che le azioni e le scelte intraprese con la motivazione: “non so perché, era una cosa…da dentro” o “sentivo che fosse la cosa giusta da fare”, “non c’era nessun vantaggio apparente, ma qualcosa mi spingeva verso quella direzione” si siano rivelate essere le migliori. Se mi chiedo il perché abbia intrapreso certe strade piuttosto che altre, spesso l’immagine che precede la risposta razionale è “una spinta verso…”
Spesso quella spinta l’ho percepita, ma non l’ho seguita; spesso l’ho sentita, ma poi l’ho abbandonata; spesso l’ho avvertita, passata e ripassata dal setaccio della mente e poi, infine, l’ho lasciata lì; ma quando era presente, chiara e forte, non c’era più razionalità che tenesse, il pensiero si faceva da parte come l’apertura di un sipario e a me non restava che seguire lo spettacolo, diventando io stessa spettatrice e attrice di quella scena.
Quando sono in falesia per scalare, non c’è cosa più percettibile dell’intuizione: del movimento, del giusto movimento: lo sento, lo immagino, preparo il corpo all’azione partendo dal mio equilibrio, dal mio respiro, percepisco una presa piuttosto che un’altra, ascolto, mi totalizzo in quel momento presente, non c’è il sotto, non c’è la vetta (che spesso guardandola sembra irraggiungibile), c’è solo quell’adesso, e da lì, senza esitazione, parte in automatico il passo successivo, concretizzabile solo con un attimo di sospensione e abbandono.
E’ nella concatenazione di atti di presenza che arrivo alla vetta, senza accorgermene, e arrivata, tutto è così chiaro: il paesaggio ammirevole. Posso rifarla dall’inizio, se non sono troppo stanca, e sentire sensazioni nuove, movimenti diversi, ma non per questo migliori o peggiori dei precedenti. In tutto questo c’è chi è con te, ad incitarti quando vorresti ricalare lasciando comunque a te la libertà di farlo, continuando a farti “sicura” da lontano. Per me una grande metafora per la vita.
Siamo illusi nel pensare di poter trovare certezza alla via corretta, ancora prima di percorrerla, spesso immobilizzandoci nel pensiero dell’atto, quando è nell’atto stesso che troviamo la via. Siamo famelici di risultati rapidamente visibili. E’ l’illusione di voler ammirare il fiore ancor prima del suo germoglio e il germoglio prima della giusta terra.
Quante volte sono partita, in sella alla mia intuizione, quante volte è stata passata al setaccio del mio giudizio, quante volte l’ho rimproverata, e con pazienza Lei ha aspettato ad aprire i suoi fiori, per la mia giusta primavera.
E’ nei momenti in cui la lotta tra l’energia dell’intuizione e la forte repressione di essa, ma la vincita della prima sulla seconda, che si risveglia quello che Clarissa Estes definisce “donna selvaggia”:
“la donna selvaggia insegna alle donne a non essere “carine” quando si tratta di proteggere la vita dell’anima…quando la vita dell’anima è minacciata non è soltanto accettabile trarre una riga: è indispensabile…dobbiamo spalancare la porta per vedere cosa c’è dentro la stanza, dobbiamo usare l’introspezione e la capacità di sopportare la visione, dobbiamo enunciare a voce chiara la nostra verità…esercitarsi ad ascoltare l’intuito, la voce interiore, porsi domande, essere curiose, vedere quel che si vede, ascoltare quel che si sente e poi agire in base a quel che si sa essere vero. Questi poteri intuitivi sono stati coperti, forse da anni e anni di ceneri ed escrementi. Non è la fine del mondo perché si possono sempre lavare via…”
E’ esattamente la “ipernormalità” che passa su di noi quando la nostra vita è routine, una vita senza vita, e ciò
incoraggia la dimenticanza dell’intuito che a sua volta produce mancanza di luce nella psiche.
“Essere forti significa andare incontro alla propria numinosità senza fuggire, significa essere capaci di imparare,
essere capaci di sopportare quanto sappiamo, significa star ritte e vivere”.
Teresa Bini

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