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Intervista alla Dottoressa Maria Antonietta Gulino Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana

Firenze giovedì 9 aprile 2020

In questo periodo stiamo assistendo a molte interpretazioni e letture di come stanno le persone, su come questa nuova realtà si ripercuote nelle nostre vite. Sembra, però, che gli psicologi proprio in questo periodo storico così difficile non abbiamo un ruolo portante. Si parla sempre di più di psicologia, ma gli psicologi restano sullo sfondo. come mai?

Dott.ssa Gulino: “La domanda è triste perchè non si parla di psicologi ma di emergenza psicologica. Il Presidente del Consiglio stesso ha citato il fenomeno sotto forma di emergenza psicologica. E’ come se si rilevasse un bisogno di sostegno sempre più stringente rimanendo, poi , l’attivazione della figura dello psicologo, un fanalino di coda. Provo a rispondere sulle ragioni di  cio’. Un primo motivo credo sia radicato nella nostra storia. Come professione abbiamo una “storia giovane”,  la legge  stessa che ha normato la nostra professione (legge 56/89 ) storicamente lo dice. Siamo quindi una professione giovane e abbiamo dovuto sempre faticare per avere un riconoscimento come curanti della psiche , come se il concetto di salute e la sanità stessa, fosse solo destinata alla cura del corpo e della mente come aspetto psicopatologico, farmacologico. E’ un pregiudizio, quindi , che rende lo psicologo il fanalino di coda. L’altro aspetto della situazione emergenziale attuale sono state indubbiamente le priorità squisitamente oggettive a livello sanitario (mascherine, respiratori, ospedali quasi al collasso). In questo momento, se già eravamo fanalino di coda, lo siamo diventati ancora di più. Il secolare pensiero collettivo di “lavarsi i panni in famiglia” e di “cavarsela un po’ da soli “, è il pensiero di chi, prima di chiedere l’aiuto di uno psicologo, ci pensa due volte. Chiedere aiuto certamente non è una cosa facile. Spero davvero che questa emergenza in cui ci troviamo sia ritenuta, non solo nella forma ma nella sostanza, quello che realmente è: una emergenza psicologica. Questa nuova forma di vita produce inevitabilmente sofferenza, spero che allo stesso tempo consenta alle persone di realizzare l’idea di chiedere aiuto. Quando un paziente arriva da me per la prima volta, è già a metà dell’opera. Riconoscere di avere un problema è già avere in parte risolto il problema. E’ fondamentale incoraggiare le persone a prendere coscienza di aver un problema per evitare di giungere da noi dopo percorsi inefficaci, senza trovare strategie di cure vincenti. In questo momento bisogna incoraggiare  le persone a chiedere aiuto senza aspettare che il problema si cronicizzi. Tutte le persone che si troveranno di qui a poco in difficoltà, o che già si trovano in difficoltà, alzino la cornetta e chiedano aiuto. E’ importantissimo, è fondamentale.

Come vivono le persone la relazione di sostegno on line? 

Dottoressa Gulino: Io non sono una esperta di on line. In passato, in caso di necessità, ho fatto delle sedute al telefono.  Anche oggi ho situazioni in cui i pazienti sono dovuti rimanere a casa per motivi di salute. La mia esperienza dell’on line è stata sempre di reazione ad una situazione di emergenza. Oggi la riflessione che dobbiamo fare è diversa dato che l’emergenza è di fatto nazionale. Sto facendo in questi giorni terapie via cellulare o via skype per garantire un filo conduttore, una continuità nella terapia. Sto notando che tutto questo può essere un buon modo per continuare a mantenere un contatto di relazione terapeutica con le persone. Il Covid-19 ci sta insegnando che comunque la relazione digitale può in tal senso essere una risorsa. Se quello che sta accadendo oggi fosse accaduto molti anni fa certamente non sarebbe stato possibile garantire questa forma di supporto. I criteri dell’on line certamente non sono gli stessi delle condizioni di un rapporto terapeutico de visu,  ma questo non esclude affatto l’efficacia del rapporto terapeutico. Ci sono delle novità di cui dobbiamo giocoforza tenere conto e sulle quali ci interroghiamo insieme io e i miei pazienti. Penso però che, dopo questo coronavirus, vada studiata e approfondita meglio questa forma di  sostegno terapeutico on line perchè credo sia un canale che in qualche modo si è rivelato fondamentale in un momento come questo.  Allo stato attuale non sono misurabili differenze e analogie con la terapia svolta de visu, ma sempre applicando il codice deontologico, penso che si possa vivere questa novità come una risorsa da utilizzare per i nostri pazienti.”

Qual è l’aspetto più difficile da gestire in una fase come questa che richiede una grossa capacità di adattarsi al cambiamento?

Dottoressa Gulino: Secondo me  l’aspetto più difficile e critico è la stasi,  questo stare in un tempo che percepiamo fermo. Mi capita sempre più spesso, in queste settimane, di chiedermi che giorno è. Anche se continui a lavorare ti accorgi di avere perso una relazione oggettiva con il tempo. In questo momento storico il tempo sembra fermo, sospeso, ma non lo è . Questa sensazione nasce dalla ripetitività delle giornate che sembrano apparentemente tutte uguali. Tutto questo può spaventare. Stare sempre nello stesso luogo in assenza di relazioni dinamiche è un po’ alienante. Sei sempre lì e sai che anche domani sarai lì. Cerco di immaginare come sarà quando ci rimuoveremo. Credo fermamente che qualche difficoltà ce l’avremo. E’ come essere stati in un letargo un po’ particolare. La stasi è quella che in terapia diciamo essere l’humus per la psicopatologia mentre il dinamismo il movimento, la connessione, la base della salute. La ripetizione innesca di solito processi di tipo psicopatologico con i quali dovremo fare i conti e per i quali credo sia opportuno sin da ora chiedere aiuto.

Si sente sempre più spesso parlare di “resilienza”. Come può essere incrementata o sostenuta in un momento come questo?

Dottoressa Gulino: “La parola resilienza oggi è diventata abbastanza di dominio pubblico. Prima il termine resilienza era un termine difficile, solo per addetti ai lavori. Di fatto la resilienza è la scoperta di qualcosa che già avevamo dentro ma vediamo come nuovo, come una risorsa, superato un momento di difficoltà. Nelle famiglie questa stasi attuale può essere un grande laboratorio relazionale. Tendenzialmente siamo abituati a confliggere ma in questo momento, se tutti i giorni entriamo in conflitto senza spazi di detonazione, siamo obbligati a riflettere  su di noi e sugli altri, su come abbiamo sino ad oggi vissuto i nostri rapporti. Il criticarci vicendevolmente, in questo momento, ci fa fare i conti con un concetto nuovo la tolleranza, la comprensione, scoprire anche le nostre rigidità, limarci per coesistere, convivere, ritornare ad apprezzare l’altro. Questo concetto di resilienza può essere anche un concetto sistemico mettendo in atto comportamenti che altrimenti nella vita quotidiana non avremmo avuto. Certamente prima di questo momento si poteva anche litigare in maniera accesa, tanto poi si poteva uscire. La situazione attuale quindi è anche un’occasione per sperimentare strategie di comportamento diverse. I veri effetti della resilienza li vedremo dopo. Cosa questo periodo ha prodotto o non ha prodotto in noi lo vedremo quando usciremo da questa triste e brutta parentesi della nostra vita. Se ne usciamo male dobbiamo farci aiutare, non rifugiarsi sempre e solo nei farmaci che il senso del perchè siamo stati male non ce lo rimanderanno mai, rimanendo quindi un mistero a noi stessi. Se ce la siamo cavata viceversa è perchè abbiamo sperimentato delle forze interne nuove, nucleari che non pensavamo ci fossero dentro di noi. Tante persone “si sono rotte” e ciò in tanti sensi, soprattutto dentro. Non tutti hanno la forza di reagire, o meglio, ci sono persone che partendo da situazioni già difficili multiproblematiche hanno subito ancora di più questo momento. Mi viene in mente l’immagine di un vaso nelle cui crepe viene colato l’oro per farne un capolavoro proprio grazie alla sua rottura. Penso che la psicologia possa fare tanto colando l’oro nelle ferita nelle fratture del  nostro vaso interiore. In questi giorni penso a chi è solo in casa a come può vivere questa ulteriore esperienza di solitudine nuova, penso a chi è morto un parente, a chi deve assistere un caro affetto da disabilità. Il messaggio che voglio mandare è che se la forza per andare avanti per superare le mie difficoltà non riesco a trovarla da solo devo avere il coraggio di chiedere aiuto, per ricomporre con l’oro – che unisce i miei pezzi infranti -il vaso prezioso della mia vita che allora assume un altra forma, una forma nuova. L’aiuto è quell’oro liquido”.

In un momento come questo, quali sono i sentimenti che prevalgono e come si può aiutare le persone a mantenere il loro assetto emotivo il più equilibrato possibile?

Dottoressa Gulino: I sentimenti che prevalgono nel momento attuale sono certamente la rabbia, la sfiducia, il senso di impotenza. Certamente la depressione non è un sentimento ma certamente la tristezza profonda di non poter essere con i nostri amici con i nostri cari, colpisce trasversalmente tutta la società. A volte prevalgono anche sentimenti di egoismo, di indifferenza, di prevaricazione. Se questi sono i sentimenti tendenzialmente prevalenti in questo momento storico si deve necessariamente dire che con lo stress non possono che aumentare. Questo tempo che passa e non arriva mai alla fine aumenta questi sentimenti. Bisogna ricordarci che siamo fatti di relazioni anche se siamo chiusi in casa . E’ fondamentale cercare di relazionarci al meglio che possiamo, coltivare le relazioni in casa, guardarsi di più negli occhi, osservare le persone che abbiamo intorno. Dal punto di vista individuale è fondamentale ritagliarsi dei momenti per se’ perchè questa sovraesposizione al continuo contatto con gli altri , questo essere costretti a stare costantemente in relazione intacca la nostra sfera intima , individuale, di cui ogni essere umano ha bisogno. Bisogna fare in modo quindi che l’ambito relazionale sia più sano coltivando anche il proprio benessere individuale, che è anche fatto del non far morire i nostri desideri, che in questo momento certamente sono meno stimolati. Cerchiamo di ricordare che siamo soggetti desideranti coltiviamo quindi questo aspetto: il desiderio”.

Dopo esserci preoccupati dell’emergenza sanitaria, arriverà il momento di occuparci anche della salute e della qualità di vita delle persone; come si immagina il ruolo della psicologia in queste fasi?

Dottoressa Gulino: “Le persone stanno subendo tutta una serie di colpi non solo di natura psicologica ma anche economica. Vanno aiutate a curare queste ferite. Mi auguro davvero che le politiche sociali sanitare imparino da questo periodo che bisogna avere molta cura della popolazione ,dell’insieme degli individui che compongono la società. La salute psicologica vale moltissimo, a mio modo di vedere dovrebbe essere una delle priorità delle nostre strategie politiche facendo noi psicologi la nostra parte”.

Su quali assi emotivi si dovrà investire per il futuro?

Dottoressa Gulino: “Questa è una domanda difficilissima non so prevedere quale sarà l’assetto delle persone dopo il Covid. In una previsione di buon senso va ripristinata la fiducia nell’incontro. Credo che la chiusura sarà anche per un po’ una chiusura psicologica. La sensazione che ho è che quando riprenderemo la nostra vita saremo un po’ disorientati, il rifugio di casa ci mancherà. Non penso che molti di noi si facciano queste domande ma, quando ricominceremo a lavorare , vedremo come stiamo dentro. I nostri comportamenti quando riprenderemo la vita normale, vedremo come sono cambiati e se c’è qualcosa che non torna. Questo va messo in conto. Il ritorno alla normalità credo che sarà graduale perchè dovremo uscire di casa da un punto di vista psicologico. Cambieranno le nostre abitudini, staremo più nelle nostre Regioni. L’idea che ci possa essere, da qualche parte nel mondo, un virus che ci possa contaminare è una paura che rimarrà. Con gradualità ne usciremo e se vediamo che non ci è possibile chiediamo aiuto. Prima il nemico era l’altro ora anche noi siamo il nemico per l’altro. Il Coronavirus un po’ ci fa riconsiderare l’idea di nemico.”

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